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A partire dalla metà del XIX secolo ha inizio il lento processo di costruzione di un'arte rivolta a esprimere le peculiarità della cultura sarda all'interno dell'Italia unita.

Postunitaria
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L'arte sarda nell'Italia unita
A partire dalla metà del XIX secolo ha inizio il lento processo di costruzione di un'arte rivolta a esprimere le peculiarità della cultura sarda all'interno dell'Italia unita.
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Pintores y escultores en busca de la identidad sarda
Durante el siglo XX, una nueva visión de la isla, desarrollada por escritores y artistas en paralelo con la cronológica y figurativa de los «viajeros», fue la base de la celebración de los valores nativos, de la nostalgi...
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Postunitaria
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Giuseppe Biasi y Filippo Figari
En una Cerdeña que, tras la Primera Guerra Mundial, verá cómo el problema de la autonomía regional reexplota drásticamente en el contexto de una situación de conflicto no ya de pueblos sino de clases, destinada a llevar...
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La città postunitaria

All'indomani dell'Unità d'Italia la conformazione urbana della Sardegna rivelava la sua struttura estremamente fragile per una serie di aspetti e problematiche. La gran parte della popolazione (80,5%) risiedeva nei piccoli comuni disseminati per tutta l'isola, mentre solo una minima parte (il restante 19,5%) nei centri più consistenti, soltanto i maggiori dei quali, Cagliari e Sassari, superavano i 5000 abitanti.Le mutate esigenze politico-economiche portarono, già dal 1836, a ripensare l'assetto amministrativo del territorio, motivo per cui Nuoro, Tempio Pausania e Ozieri furono insignite dal re Carlo Alberto del titolo di città. Si evidenziava in tal modo lo spostamento di interessi verso l'entroterra sassarese e il ruolo nevralgico a presidio delle Barbagie assegnato a Nuoro.Delle sette città regie di nomina aragonese infatti (Cagliari, Sassari, Alghero, Castelsardo, Bosa, Oristano, Iglesias) soltanto Iglesias, grazie al rinnovato impulso dell'industria estrattiva, da secoli risorsa principale del suo territorio, mostrava di saper rispondere alle esigenze del nuovo corso, mentre Castelsardo, isolata e con un ruolo marginale rispetto al passato, Alghero, meno idonea come porto rispetto a Porto Torres per i traffici con la penisola, Bosa, situata in una posizione disagevole nei confronti di Macomer rispetto alla viabilità della Strada Reale "Carlo Felice" e della linea ferroviaria, mostravano evidenti segni di crisi.Nonostante l'esigua quantità di popolazione nelle città, per un numero totale di residenti nell'intera isola di circa 609.000 unità, si facevano sempre più pressanti nuove necessità.Con la riforma dei Consigli civici (1836), che prevedeva l'istituzione di un Consiglio degli Edili, preposto alla salvaguardia della cura, del decoro e della salubrità dei centri urbani, si determinava un'attenzione fino ad allora sconosciuta ad un nuovo modo di vivere la città stessa, che affondava le sue radici nella "idea della magnificenza civile", veicolata dalla rivoluzione napoleonica, e arrivata nell'isola soltanto in piena Restaurazione.Si profilava pertanto la duplice necessità di dare all'assetto urbano un ordine riguardo al costruito, con il presupposto di un rapporto nuovo tra amministrazione pubblica e privati, e di fornire efficienti e nuovi servizi per la collettività, quali il cimitero, il mercato, l'ospedale, il teatro, il mattatoio, ai quali si sarebbero affiancate nella seconda metà del secolo le scuole e la stazione ferroviaria.

Leer todo Leer todo All'indomani dell'Unità d'Italia la conformazione urbana della Sardegna rivelava la sua struttura estremamente fragile per una serie di aspetti e problematiche. La gran parte della popolazione (80,5%) risiedeva nei piccoli comuni disseminati per tutta l'isola, mentre solo una minima parte (il restante 19,5%) nei centri più consistenti, soltanto i maggiori dei quali, Cagliari e Sassari, superavano i 5000 abitanti.Le mutate esigenze politico-economiche portarono, già dal 1836, a ripensare l'assetto amministrativo del territorio, motivo per cui Nuoro, Tempio Pausania e Ozieri furono insignite dal re Carlo Alberto del titolo di città. Si evidenziava in tal modo lo spostamento di interessi verso l'entroterra sassarese e il ruolo nevralgico a presidio delle Barbagie assegnato a Nuoro.Delle sette città regie di nomina aragonese infatti (Cagliari, Sassari, Alghero, Castelsardo, Bosa, Oristano, Iglesias) soltanto Iglesias, grazie al rinnovato impulso dell'industria estrattiva, da secoli risorsa principale del suo territorio, mostrava di saper rispondere alle esigenze del nuovo corso, mentre Castelsardo, isolata e con un ruolo marginale rispetto al passato, Alghero, meno idonea come porto rispetto a Porto Torres per i traffici con la penisola, Bosa, situata in una posizione disagevole nei confronti di Macomer rispetto alla viabilità della Strada Reale "Carlo Felice" e della linea ferroviaria, mostravano evidenti segni di crisi.Nonostante l'esigua quantità di popolazione nelle città, per un numero totale di residenti nell'intera isola di circa 609.000 unità, si facevano sempre più pressanti nuove necessità.Con la riforma dei Consigli civici (1836), che prevedeva l'istituzione di un Consiglio degli Edili, preposto alla salvaguardia della cura, del decoro e della salubrità dei centri urbani, si determinava un'attenzione fino ad allora sconosciuta ad un nuovo modo di vivere la città stessa, che affondava le sue radici nella "idea della magnificenza civile", veicolata dalla rivoluzione napoleonica, e arrivata nell'isola soltanto in piena Restaurazione.Si profilava pertanto la duplice necessità di dare all'assetto urbano un ordine riguardo al costruito, con il presupposto di un rapporto nuovo tra amministrazione pubblica e privati, e di fornire efficienti e nuovi servizi per la collettività, quali il cimitero, il mercato, l'ospedale, il teatro, il mattatoio, ai quali si sarebbero affiancate nella seconda metà del secolo le scuole e la stazione ferroviaria.

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