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Scrittori seicenteschi

Scrittori seicenteschi

Scrittori seicenteschi

La produzione letteraria seicentesca è contraddistinta dal graduale abbandono del catalano a favore del castigliano, di pari passo con la diffusione della cultura spagnola nel territorio sardo. L’uso del sardo rimase confinato prevalentemente agli scritti di carattere religioso. I rappresentanti della letteratura sarda del XVIII secolo furono uomini di cultura, viaggiatori, conoscitori di diverse lingue: sardo, latino, catalano, castigliano. Perfettamente integrati nella società contemporanea e impegnati attivamente in diversi ambiti: carriere ecclesiastiche, pubbliche e militari.

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Salvatore Vidal
Salvatore Vidal (1620-1690) è lo pseudonimo di un padre osservante francescano di Maracalagonis, il cui vero nome era Giovanni Andrea Contini. Egli scrisse in sardo, latino, toscano e spagnolo, e viaggiò molto, in lungo...
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Antonio Lo Frasso
Poeta, scrittore e militare di Alghero, lasciò la sua cittadina a favore della penisola iberica a causa della carriera nell'esercito e pubblicò l'intera sua opera a Barcellona verso la metà del Cinquecento.
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Giovanni Francesco Fara
Giovanni Francesco Fara, religioso e erudito, è uno degli uomini più illustri della cultura sarda dell'età spagnola. Fu storico, geografo, umanista e studioso della sua isola a tutto campo.
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Giuseppe Delitala y Castelvì
Particolarmente integrato nella cultura spagnola fu il poeta barocco Giuseppe (o José) Delitala y Castelvì, che nasce a Cagliari nel 1627 e vi muore nel 1703.
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Sigismondo Arquer
Sigismondo Arquer è una delle figure più interessanti dell'età iberica dell'isola. Nasce a Cagliari nel 1530 da una famiglia in vista giacché il padre, Giovanni Antonio, ricopre per diverso tempo la carica di Avvocato Fi...
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Pietro Delitala
Pietro Delitala si discosta dagli autori dello stesso periodo perché sceglie la lingua italiana, o per meglio dire, toscana, in un momento in cui questo idioma è quasi completamente abbandonato in Sardegna.
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Antonio Lo Frasso

Poeta, scrittore e militare di Alghero, lasciò la sua cittadina a favore della penisola iberica a causa della carriera nell'esercito e pubblicò l'intera sua opera a Barcellona verso la metà del Cinquecento. Tra le opere più importanti i "Mil y dozientos consejos y avisos discretos", consigli in versi ai figli che continuano a vivere in Sardegna, su varie materie e sul saper vivere in società e nel mondo contemporaneo. Il finale dell'opera è caratterizzato da una descrizione della battaglia di Lepanto in ottave. L'opera di maggiore impegno per lo Frasso è "Los diez de libros de la Fortuna de Amor", un romanzo pastorale ispirato alle opere italiane del Sannazaro, che rientravano in un genere fino ad allora poco noto alla cultura spagnola. Questo scritto, per quanto farraginoso, ebbe una certa circolazione e fu addirittura citato due volte (anche se ironicamente) da Cervantes nelle sue opere.Dal punto di vista linguistico, l'opera di Lo Frasso rappresenta tutta la complessità del plurilinguismo sardo dell'epoca. L'autore infatti mescida nelle sue opere il castigliano, il catalano e il sardo con piena consapevolezza. È significativo anche il fatto che preferisca col tempo nettamente il castigliano al catalano: segno dei tempi e del declino della cultura catalana all'interno delle terre della Corona spagnola. Di un certo interesse sono i sonetti e le ottave che Lo Frasso scrisse in un elegante sardo, a testimonianza dei suoi rapporti e contatti con Girolamo Araolla e Giovanni Francesco Fara.

Read everything Read everything Poeta, scrittore e militare di Alghero, lasciò la sua cittadina a favore della penisola iberica a causa della carriera nell'esercito e pubblicò l'intera sua opera a Barcellona verso la metà del Cinquecento. Tra le opere più importanti i "Mil y dozientos consejos y avisos discretos", consigli in versi ai figli che continuano a vivere in Sardegna, su varie materie e sul saper vivere in società e nel mondo contemporaneo. Il finale dell'opera è caratterizzato da una descrizione della battaglia di Lepanto in ottave. L'opera di maggiore impegno per lo Frasso è "Los diez de libros de la Fortuna de Amor", un romanzo pastorale ispirato alle opere italiane del Sannazaro, che rientravano in un genere fino ad allora poco noto alla cultura spagnola. Questo scritto, per quanto farraginoso, ebbe una certa circolazione e fu addirittura citato due volte (anche se ironicamente) da Cervantes nelle sue opere.Dal punto di vista linguistico, l'opera di Lo Frasso rappresenta tutta la complessità del plurilinguismo sardo dell'epoca. L'autore infatti mescida nelle sue opere il castigliano, il catalano e il sardo con piena consapevolezza. È significativo anche il fatto che preferisca col tempo nettamente il castigliano al catalano: segno dei tempi e del declino della cultura catalana all'interno delle terre della Corona spagnola. Di un certo interesse sono i sonetti e le ottave che Lo Frasso scrisse in un elegante sardo, a testimonianza dei suoi rapporti e contatti con Girolamo Araolla e Giovanni Francesco Fara.

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