Le domus de janas sono ipogei scavati nella roccia, grotte artificiali al cui interno venivano sepolti i corpi dei defunti. Sono databili a partire dal IV millennio a.C. (Neolitico) anche se spesso riutilizzate nei secoli successivi talvolta fino all’Età Altomedievale. Il significato letterale è “case delle fate”. Il nome deriva dalla fantasia popolare che le immaginava come case di esseri fantastici, non riuscendo a identificare in esse le funzioni funerarie.
In Sardegna esistono oltre 3000 domuIn Sardegna esistono oltre 3000 domus de janas, collocate prevalentemente nel territorio Nord-occidentale.
Le domus de janas non sono tutte uguali. Presentano differenti tipologie di accesso, di struttura interna e di planimetria: l’ingresso può essere sia semplice che monumentale, l’interno può essere strutturato in un unico ambiente (in questo caso si parla di domus monocellulare) o in più ambienti spesso articolati e comunicanti (domus pluricellulare). Alcune tombe sono ornate con motivi architettonici e simbolici scolpiti o dipinti, come teste bovine, corna e spirali. Tali differenze dipendono dalla morfologia del sito, ma anche dai differenti rituali funerari in uso.
L’UNESCO ha iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale 17 domus de janas al termine di un percorso promosso nel 2018 da Regione Sardegna, Centro Studi Identità e Memoria (Cesim), ufficio Unesco del Ministero della Cultura e numerosi comuni sardi.
Il rituale funerario
Le domus de janas erano usate come sepolture collettive primarie e secondarie. La sepoltura primaria avveniva subito dopo la morte, con i corpi dei defunti adagiati su un fianco in posizione rannicchiata.
La sepoltura secondaria, invece, prevedeva lo spostamento delle spoglie in un secondo momento.La sepoltura dei defunti all’interno delle domus prevedeva che i corpi dei defunti fossero adagiati in posizione rannicchiata su banconi ricavati nella roccia, accompagnati dagli elementi del corredo funerario.
Le decorazioni