La Sardegna possiede un ricco e variegato patrimonio monumentale dislocato in contesti urbani e rurali, da scoprire, conoscere, salvaguardare e valorizzare. La tipologia è diversificata in base al periodo storico e alla natura laica o ecclesiastica del monumento.
Con la cristianizzazione sorsero le prime chiese bizantine a pianta cruciforme cupolata. Nel Medioevo, durante l’età giudicale fiorirono le chiese romaniche, accompagnate e poi sostituite da quelle gotico-italiane, gotico-catalane, manieriste, barocche e tardobarocche, neoclassiche, fino alle architettura del dopoguerra.
In parallelo, nell’ambito dell'architettura civile, vennero costruiti castelli, case e palazzi dimore dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica o strutture militari come le torri costiere, innalzate per la difesa dell'isola dalle incursioni barbaresche.
L'età compresa fra l'Unità d'Italia e la ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale è caratterizzata dall'allineamento sempre più marcato dell'architettura isolana alle tendenze internazionali, con risultati che vanno dagli edifici storicisti del primo Novecento a quelli razionalisti del regime fascista, alle realizzazioni di alcuni dei più significativi architetti contemporanei.
(Immagine di copertina: Cagliari, Galleria Comunale d'Arte. Fotografia di Pietro Paolo Pinna, 2009)
L’abito femminile tradizionale di Ittiri (Sassari) destinato alle occasioni di gala è uno dei più ricchi e preziosi dell’Isola. Contribuiscono a caratterizzarlo le dimensioni e l’abbondanza di gioielli che lo corredano. L’esemplare ritratto nella galleria fotografica risale alla prima metà del XX secolo ed è custodito presso il Museo del Costume di Nuoro. Il copricapo è costituito da una cuffia a sacco (iscùfia) in raso bianco ricamata a motivi floreali e ulteriormente impreziosita dall’applicazione di ulteriori elementi decorativi (nappine colorate e lustrini argentati). Sopra questo primo copricapo viene apposto un velo (tullu o velu) di tulle bianco ricamato, analogo al grembiule (pannellu ’e tullu). Sopra la camicia bianca, in tela di cotone, una pettina di tulle (petiera). La camicia è chiusa nello scollo da una coppia di gemelli in filigrana d’oro con castone centrale in lamina d’oro con rubino. Il bolerino (coritu), in velluto di seta viola, è guarnito lungo le cuciture e attorno alle asole con ricami in filo di seta di vari colori. Nelle maniche è appesa sa buttonera: una fila di dieci grossi bottoni in filigrana d’argento (ma che potevano essere anche d’oro, a seconda delle possibilità economiche della donna, chiusi da un lungo gancio e barretta a T. Questa tipologia di bottone, con calotte semisferiche leggermente schiacciate, è denominata “a melagrana”. Sotto su coritu si trova un bustino rigido di raso ricamato con fili di seta e canutiglia dorata, guarnito da lustrini. Dotato di chiusura laterale, è sostenuto da una serie di stecche di palma cucite una per una. Secondo la tipologia spettante alle donne più abbienti, la gonna è di panno rosso, decorata in basso da due strisce di passamaneria, tra le quali è racchiusa una balza bianca a ricami floreali policromi. Dal rosso, colore dominante della gonna, prende nome l’intero abito (su estire rùju). Fissato a un collarino in velluto nero pende un medaglione in lamina d’oro. Spicca una collana a grossi vaghi di corallo, stesso materiale di cui è fatto il pendente a goccia degli orecchini. A completare il corredo di gioielli una catena d’oro con passante scorrevole, disposta sul petto a formare una M tramite l’ausilio di spille, anch’esse in lamina d’oro.
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