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Guspini, römische Stadt Neapolis

Guspini, römische Stadt Neapolis

Guspini, römische Stadt Neapolis

Il sito è ubicato nella parte sudorientale del Golfo di Oristano e sorge su un complesso di dossi alluvionali in prossimità del sistema lagunare formato dagli stagni di Marceddì, San Giovanni e Santa Maria.
L'area in cui si trovano le vestigia dell'antica città di Neapolis, frequentata fin dal Neolitico, fu abitata in maniera continuativa già dalla ultime fasi dell'Età del Bronzo e fino al pieno VIII secolo, quando venne impiantato un emporio dai Fenici: questi, nell'ambito della loro attività di penetrazione nel territorio del golfo di Oristano che li condusse alla fondazione di Othoca e Tharros, si insediarono su un centro già abitato da popolazione indigena dandole la connotazione di emporio commerciale. Successivamente, verso la fine del VI sec. a. C., i Cartaginesi vi fondarono una città con la funzione di punto di raccolta e smistamento delle risorse agricole provenienti dal Campidano e dei metalli dell'area di Montevecchio che poi venivano imbarcati per essere commercializzati.
La fase romana della città di Neapolis è ampiamente documentata: grazie al metodo delle prospezioni a pettine, per transetti acquatici, in palude e in terra, secondo i principi dell'archeologia dei paesaggi, è stato possibile individuare depositi materiali archeologici che si estendono cronologicamente dall'Età Arcaica all'Età Romana imperiale: questi, contenuti al di sotto dello strato di fango depositato su un fondale di età storica, sono stati localizzati lungo una linea approssimativamente Ovest Nord-Ovest/Est Sud-Est all'interno della laguna di San Giovanni, in relazione alla creazione di un argine a cura dell'Assessorato Difesa ambiente della Regione Autonoma della Sardegna.
La presenza di un porto a Neapolis è ormai dato acquisito dagli studiosi: le indagini archeologiche hanno rivelato all'interno della laguna di San Giovanni frammenti di contenitori anforari che abbracciano un arco cronologico compreso tra la fine del VII sec. a. C. e il II sec. a. C. delle medesime tipologie individuate in un settore lagunare interrato situato a Nord-Ovest dell'area urbana di Neapolis e ciò testimonia l'importanza che lo scalo neapolitano ebbe per il commercio interno e verso il Mediterraneo almeno dalla fase del Bronzo Finale, data l'alta percentuale di manufatti di provenienza non locale.
Nel periodo romano Neapolis prosegue la sua vocazione commerciale, che già ebbe anche nelle epoche precedenti, sin dalla creazione del primo emporio ad opera dei Fenici e la sua fondazione in città da parte dei Cartaginesi. I reperti recuperati nell'area del circuito urbano e periurbano attestano l'esportazione di cereali, vino e dei metalli provenienti dall'area di Montevecchio.
Gli scavi hanno riportato alla luce la strada di epoca romana, realizzata in blocchi di basalto e arenaria dall'andamento Est/Ovest databile al I-III sec. d. C., connessa a residuali strutture con funzione presumibilmente abitativa. Lungo il confine della strada sul lato Nord si conservano i resti di un passaggio per le acque presumibilmente collegato alla rete fognaria.
La strada, già descritta a suo tempo da Giovanni Spano, costituisce verosimilmente un tratto della via a Tibula Sulcis, uno dei percorsi di collegamento più importanti della Sardegna romana: essa proseguiva verso Othoca a Nord, mentre a Sud, attraversata la città di Neapolis, congiungeva verso Metalla e il Sulcis. Già secondo l'interpretazione dello Spano, confermata dai recenti studi, oltre a costituire una via di collegamento, il suo argine occidentale svolgeva la funzione di molo portuale giacché era connessa con lo scalo commerciale "[…] ai piedi della città avvi lo stagno che chiamano di Santa Maria, al di cui orlo principiava la strada ben larga di metri 7, formata con grandi lastroni e oggi appellata ponti de is damas. Quivi era il portus Neapolitanus che si estendeva lungo la costa del medesimo stagno, come lo danno a vedere le attuali rovine […]". Nel settore nord-occidentale di quella che è stata identificata come area urbana dell'antica Neapolis sono state messe in evidenza le rovine di un agglomerato di strutture, ortogonali tra loro con orientamento Nord-Ovest/Sud-Est e Nord-Est/Sud-Ovest, pertinenti ad edifici pubblici: sia nel corso delle campagne di scavo che a seguito di precedenti rinvenimenti fortuiti di superficie, questa zona ristretta ha restituito elementi architettonici quali capitelli, basi di colonne, colonne intere, una base di statua, una statuetta marmorea appartenente ad Afrodite Urania, frammenti di altre statue, di mosaici, di marmi di vario tipo, intonaci dipinti e iscrizioni delle quali alcune si riferiscono a imperatori (la più nota cita una dedica all'imperatore Valeriano, posta a spese pubbliche, per decreto dei decurioni di Neapolis). Le indagini archeologiche hanno portato al rinvenimento anche delle terme urbane situate nel settore settentrionale della città di Neapolis. Il monumento presenta una serie di ambienti di forma quadrangolare e absidata, i quali hanno subìto trasformazioni nel corso del tempo: sono ancora identificabili l'apodyterium, il frigidarium (sulla cui parete di fondo ad Est si apre una piccola vasca absidata accessibile mediante tre gradini mentre, nella porzione superiore, è presente una risega orizzontale che segna l'apertura di tre nicchie di forma rettangolare con terminazione ad arco a tutto sesto, probabilmente destinate ad ospitare delle statue), un primo calidarium (che presenta sul lato Ovest un praefurnium recante ancora le tracce del suo uso), un secondo calidarium (composto da un vano quadrato, collegato a Sud da un ambiente semicircolare, e fornito di praefurnium fortemente compromesso) oltre ad alcuni vani di servizio. Le ricerche in estensione hanno messo in luce porzioni di strutture murarie, che si conservano per un alzato massimo di 40 cm, fortemente danneggiate da ripetuti lavori agricoli condotti nell'area nei secoli. I muri, orientati Nord-Ovest/Sud-Est, con entrambi i prospetti rivestiti da intonaco di malta, lacunoso in alcuni tratti, risultano edificati con una tecnica edilizia definibile a "pseudo-telaio", ossia mediante l'uso di blocchi quadrangolari in arenaria intervallati da tratti riempiti con pietre basaltiche appena sbozzate di medie dimensioni o più grandi maggiormente selezionate, legate con terra. Secondo l'interpretazione maggiormente accreditata, i lacerti murari sarebbero da ricondursi a edifici pertinenti a spazi pubblici dell'antica città romana di Neapolis.

Storia degli scavi e degli studi
L'area di Neapolis è nota in letteratura fin da tempi remoti: Plinio il Vecchio, nel I sec. a. C., nel terzo libro della sua Naturalis Historia, elencava tra i popoli e le città della Sardegna romana, diciotto oppida, tra cui alcune civitates stipendiariae abitate da peregrini (Sulci, Valentia, Neapolis, Bitia); è citata come centro costiero da Tolomeo (III, 3, 2), che include la città tra le poleis del litorale occidentale dell'isola di Sardegna; sarebbe inoltre oramai inequivocabile la sua identificazione con il Neapolitanus portus, noto da portolani e carte nautiche del XIII secolo, come pure la menzione di Domo de Neapolis, riferito a un modesto villaggio rurale citato nei documenti verso la metà del XIII secolo sembrerebbe da riferirsi a questo contesto.
L'importanza del contesto archeologico era ben evidente già nel XIX secolo quando Vittorio Angius ne descriveva l'estensione dell'abitato a valenza prevalentemente commerciale e le caratteristiche delle emergenze monumentali.
Le ricerche archeologiche nell'area furono avviate verso la metà del XIX secolo e riprese nel 1951, ma si attivarono in modo intenso e quasi continuativo dagli Anni Settanta del secolo scorso fino a oggi.

Bibliografia
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A. Mastino, La Sardegna al centro del Mediterraneo, in S. Angiolillo, R. Martorelli, M. Giuman, D. Artizzu, La Sardegna Romana e Altomedievale. Storia e materiali, collana "Corpora delle Antichità della Sardegna", Sassari 2017, pp. 17-32;
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Come arrivare
Si percorre la SS 130 fino al bivio per Villasor e si imbocca la SS 196 che conduce a Guspini. Arrivati alla cittadina, si prende la SS 126 fino al km 94, dove si devia a s. per Sant'Antonio di Santadi. Dal bivio, si percorrono circa 15 km e si devia a d. in una strada di penetrazione agraria. Dopo circa 200 m ci si trova nell'area archeologica.

Inhaltstyp: Archäologischer Komplex
Archäologie

Benutzerfreundlichkeit: nicht verwaltete Site

Provinz: Sud Sardegna

Gemeinsam: Guspini

Makrogebiet: Südsardinien

POSTLEITZAHL: 09036

Adresse: SP 65 - località Stagno di Santa Maria

Aktualisieren

26/10/2023 - 12:57

Wo ist es

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