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La romanizzazione

La romanizzazione

La romanizzazione

Il passaggio della Sardegna dalla sfera di controllo cartaginese a quella romana fu una conseguenza della prima guerra punica (264-241 a.C.). Nell'impossibilità di soddisfare le richieste economiche dei mercenari di stanza in Sardegna, Cartagine fu costretta nel 238 a.C. a cedere ai Romani il controllo dell'isola.

Nel 227 a.C. la Sardegna divenne provincia romana e il suo controllo fu affidato ad un governatore. Da quel momento il processo di romanizzazione dell'isola si fece sempre più intenso, anche se la matrice culturale sardo-punica non cesserà di manifestare la propria vitalità.

Le città dell'isola vennero romanizzate nell'impianto e nell'apparato edilizio, dotandole dei principali edifici che ovunque nell'impero contrassegnavano il modello culturale romano: teatri e anfiteatri (a Nora, a Carales), terme (a Forum Traiani, odierna Fordongianus), templi (ad Antas presso Fluminimaggiore), acquedotti (a Turris Libisonis, odierna Porto Torres), ville urbane e rurali, spesso dotate di bei pavimenti a mosaico.

Il controllo romano fu basato innanzi tutto sulla rete viaria, impostata sui percorsi stradali già tracciati a cui si aggiunsero ponti e vie di raccordo tra le tratte principali e quelle di penetrazione per agevolare l'accesso e quindi il controllo delle zone interne.
La via più importante collegava Cagliari a Porto Torres e fu in gran parte ricalcata nel tracciato della "Carlo Felice" (odierna SS 131).

Lo sfruttamento agricolo e minerario della Sardegna si intensificò in età romana, grazie all'introduzione del latifondo. In particolare fu potenziata l'estrazione del piombo argentifero nelle miniere del Sulcis-Iglesiente.
È probabilmente qui che verso il 190 un gruppo di cristiani fu condannato ai lavori forzati, così contribuendo all'introduzione del cristianesimo nell'isola.

Aggiornamento

20/9/2023 - 11:02

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