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Sant'Antioco, Necropoli di Is Pirixeddus

Sant'Antioco, Necropoli di Is Pirixeddus

Sant'Antioco, Necropoli di Is Pirixeddus

La necropoli è situata all'interno dell'attuale centro abitato di Sant'Antioco.
Le parti dell'area sepolcrale attualmente visitabili sono quelle riutilizzate come catacombe cristiane, il cui accesso si trova all'interno della chiesa parrocchiale, intitolata all'omonimo santo.
La necropoli di Is Pirixeddus copre un arco cronologico ampio: impiantata in piena Età Punica (fine IV sec. a. C.) ebbe continuità d'uso fino all'Età Tardoantica (fine VI sec. – inizi VII sec. d. C.). Gli studi hanno rivelato anche una fase fenicia dell'area funeraria individuata, grazie a ritrovamenti sporadici, nei pressi dell'attuale via Perret, nella parte bassa del moderno abitato, verso il mare, ed è databile al VII sec. a.C.: si tratta di resti scheletrici combusti associati ad una brocca con orlo espanso databile alla metà del VII sec. a. C.; la sua ubicazione sembrerebbe collocarsi a circa 400 metri di distanza rispetto al centro urbano arcaico.
L'area funeraria era situata all'esterno del perimetro urbano per ragioni di igiene e sicurezza. La necropoli punica venne in seguito riutilizzata dai Romani in Età Repubblicana (tra il II e il I sec. a. C.) e poi in Età Imperiale (almeno per il I sec. d. C.). Dal IV-V sec. d.C. la necropoli venne riutilizzata dai primi cristiani come catacomba e ciò ha comportato la modifica della planimetria originaria: furono unite varie camere sepolcrali attraverso aperture sulle pareti in comune tra più ambienti, al fine di creare nuovi spazi; furono realizzate nuove sepolture scavando fosse rettangolari nel pavimento o ricavando sulla parete delle rientranza in cui collocare dei sarcofagi o, ancora, realizzando delle sepolture ad arcosolio nelle pareti; alcune tombe presentano delle decorazioni pittoriche.
I due nuclei principali di catacombe, quelle di Sant'Antioco (più estesa) e di Santa Rosa (molto ridotta rispetto alla prima), si trovano sotto la chiesa parrocchiale. Un altro nucleo si sepolture fu riutilizzato in epoca moderna e fino agli Anni Settanta del XIX sec. come abitazioni, cantine e ripostigli. La parte di necropoli più nota è quella che si trova sulle pendici orientali e nord-orientali del colle occupato oggi dal fortino sabaudo di Su Pisu: in questa zona è possibile apprezzare la tipologia più diffusa all'interno dell'area funeraria, quella della tomba a camera ipogea, dotata di un corridoio d'accesso (dromos) che conduce alla camera sepolcrale, passando per un pianerottolo che serviva al posizionamento del defunto: il corpo veniva adagiato su una lettiga di legno, mentre all'interno della camera poteva venire montato il sarcofago, talora scolpito e finemente decorato. La camera funeraria poteva essere composta da un grande ambiente diviso da un tramezzo e la cui parte frontale poteva essere decorata sia con elementi architettonici scolpiti, molto semplici (un listello aggettante rappresentava un capitello per esempio), sia con dei veri e propri altorilievi: è il caso di due tombe, una scoperta nel 1968, l'altra nel 2002, in cui il tramezzo (nella prima) e il pilastro centrale (nella seconda) erano decorati con un altorilievo a grandezza naturale, rappresentante un personaggio egittizzante, cioè abbigliato e raffigurato all'egiziana. Le camere potevano ospitare uno o più defunti nel corso del tempo e, quando la densità degli ipogei non lasciava spazio per nuove sepolture, si ottenevano nuove camere scavando a livelli diversi quelle già realizzate in precedenza. Oltre agli ipogei con camera grande divisa da tramezzo, sono presenti quelli con camera sepolcrale singola, che rappresentano una tipologia più antica.
Si rileva come, in generale, le tombe non hanno un orientamento preciso che le caratterizza, ma sembrano scavate senza un ordine particolare.
Il defunto veniva deposto, avvolto in un sudario o in una tunica, all'interno della camera funeraria su una lettiga lignea o all'interno di un sarcofago, con il suo corredo personale e con tutti gli oggetti legati al rituale funebre, quale il vasellame in terracotta, gli unguentari in terracotta o in vetro policromo e i suoi oggetti personali, come collane di amuleti e perle in pasta vitrea, scarabei, gioielli (anelli, collane orecchini), rasoi e oggetti di varia natura grazie ai quali gli studiosi hanno potuto stabilire se si trattasse di un uomo, di una donna o di un bambino, e in alcuni casi possono rivelare che mestiere svolgesse in vita.

Storia degli scavi
Le prime indagini archeologiche presso la necropoli di Is Pirixeddus risalgono alla metà dell'Ottocento, quando furono portati alla luce alcuni ipogei, già ricordati dal Canonico Giovanni Spano che, sul Bullettino Archeologico Sardo, fece un chiaro riferimento alle sepolture rinvenute sulle pendici occidentali del colle sul quale oggi svetta il forte sabaudo di Su Pisu. Poiché gli ipogei vennero riutilizzati a partire dal Settecento con funzione abitativa o come cantine da parte dei ceti meno abbienti della società di Sant'Antioco, oggi non si è provveduto ad una indagine sistematica e organizzata del territorio anche perché una parte significativa della necropoli giace oggi al di sotto del centro abitato moderno. Sulla scorta delle conoscenze derivanti da un secolo di ricerche archeologiche, è oggi possibile ipotizzare che l'originaria estensione di tale complesso sepolcrale fosse superiore ai 6 ettari e che includesse un numero di tombe di non molto inferiore alle 1500 unità. Per quanto attiene alla fase fenicia della necropoli, essa è testimoniata solo da sporadici rinvenimenti individuati nell'attuale via Perret. Qualche tempo dopo le attività del Canonico G. Spano, Antonio Taramelli descrive il rinvenimento di due ipogei presso la chiesa parrocchiale, durante gli scavi del giugno 1906. Negli anni successivi poi le indagini si concentrano presso le catacombe sotto la medesima parrocchia, costruite in epoca paleocristiana riutilizzando e riadattando i sepolcri punici.
Nel 1942 Salvatore Puglisi pubblica i risultati dello scavo effettuato in tre ipogei punici intatti presso la via Belvedere, a circa 200 metri a sud-est della basilica. Di seguito, con Gennaro Pesce, le ricerche proseguirono ancora negli anni successivi: nel 1954 venne alla luce il primo ipogeo ubicato sul lato orientale del Colle di Mont'e Cresia, in località Is Pirixeddus, riutilizzato anch'esso in epoca paleocristiana e noto come "Tomba dell'affresco" e da allora l'area sarà interessata da indagini ininterrotte per circa cinquant'anni. Tali indagini avranno poi un ulteriore impulso grazie all'impegno della Soprintendenza per le Province di Cagliari e Oristano, grazie all'attività di Ferruccio Barreca tra il 1970 e il 1986 il quale, oltre ai lavori di scavo, si attivò affinché fossero eseguiti annuali lavori di manutenzione e di restauro conservativo.

Bibliografia
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Tipologia Contenuti: Complesso archeologico
Archeologia

Provincia: Sud Sardegna

Comune: Sant'Antioco

Macro Area Territoriale: Sud Sardegna

CAP: 09017

Indirizzo: via Castello, s.n.c.

Telefono: +39 0781 82105

Email: info@archeotur.it

Sito Web: mabsantantioco.it/necropoli-e-acropoli

Aggiornamento

2/11/2023 - 12:03

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