Il documento principe di questo attivismo europeista è la Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie approvata dal Parlamento di Strasburgo il 5 novembre del 1992 e ratificata da tutti gli stati occidentali dell'Unione, ad esclusione di Francia e Italia.
Con l'ingresso degli stati dell'Europa dell'Est, una nuova serie di problematiche legate alla protezione di nuove minoranze è all'attenzione degli organismi europei.
Gli idiomi minoritari più importanti di cui finora si è occupata l'Europa sono il basco (Spagna e Francia), il bretone (Francia), il catalano (Spagna, Francia e Italia), il cornish, il gaelico di Scozia e il gallese (Regno Unito), il frisian (Olanda), il corso (Francia), il friulano (Italia), il galiziano (Spagna), l'irlandese (Irlanda, Regno Unito), l'occitano (Francia), il romancio (Svizzera) e il sami (Svezia e Finlandia).
L'elenco ovviamente è parziale e viene continuamente aggiornato dagli organismi europei che si occupano di questa materia, ma l'ampiezza del fenomeno è tale che si può affermare che una regione non può dirsi veramente "europea" se non ha al suo interno almeno una minoranza linguistica da tutelare.
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