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Olbia, Roman Monuments

Olbia, Roman Monuments

Olbia, Roman Monuments

La città è alla base di una profonda rias sulla costa N/E della Sardegna e si estende in un tratto di pianura sulla riva dell'omonimo golfo. La città è dotata di uno dei porti commerciali e turistici più importanti dell'isola e di un aeroporto, il "Costa Smeralda", considerato uno dei più importanti in Italia.
Il centro della città moderna insiste in buona parte sull'area occupata dalla città antica. Le testimonianze monumentali ascrivibili ai periodi punico e romano sono costituite essenzialmente dalle mura puniche, dall'acquedotto romano e dai grandi relitti di navi romane attualmente in corso di restauro che saranno esposti nel Museo Archeologico in fase di completamento ad Olbia.
Il patrimonio archeologico della città è inoltre costituito da numerosi giacimenti subacquei. Un censimento ancora in corso ha permesso di individuare circa un centinaio di siti che ci consegnano l'immagine del braccio di mare antistante la città molto frequentato, non solo dalle grandi navi onerarie, ma anche da piccole imbarcazioni che smistavano merci lungo la costa con navigazione di piccolo cabotaggio, utilizzando come approdi insenature riparate sulla costa (Porto San Paolo, Cala Moresca) e isole pericostiere (Spalmatore, Tavolara). Uno dei rinvenimenti subacquei spicca per eccezionalità: la testa di statua in terracotta che raffigura a grandezza naturale il dio Ercole. Si tratta della copia di un perduto originale in bronzo che doveva trovarsi nel santuario cittadino dedicato al dio e realizzata a Olbia nel II secolo a.C. con l'uso di matrici.
Il tratto visibile e visitabile delle mura puniche è costituito da una muratura rettilinea a doppia cortina, costituito da grandi blocchi di granito sul lato esterno e più piccoli sulla parte interna, una porta di accesso e un altro tratto rettilineo dal quale sporge una torre di difesa a pianta rettangolare, realizzata cingendo di blocchi un piccolo dosso di roccia naturale. All'interno della torre è presente una vasca di raccolta dell'acqua, ora reinterrata per motivi di conservazione. Alcuni dei blocchi conservano ancora una lavorazione a bugnato, riscontrabile in altre strutture di difesa del mondo punico.
Il tracciato dell'acquedotto, partendo da Cabu Abbas, si snodava per circa 7 km e si immetteva nel centro urbano da N lungo un percorso che toccava gli attuali Centro Martini, via A. Nenni e il vicolo F di via delle Terme per raggiungere l'impianto termale. I resti oggi visibili si trovano a s. della strada asfaltata in località Sa Rughittula; l'acqua defluiva prima in una condotta interrata, poi in una piccola vasca quadrata dalla quale inizia un tratto costituito da archi, alcuni dei quali conservati, che prosegue con una porzione in muro pieno. Sulla d. della strada si trova una grossa cisterna di pianta rettangolare a due navate quasi completamente scavata nella roccia salvo la copertura con ancora i fori di aerazione e porzioni del rivestimento impermeabile in malta idraulica. Adiacenti ai lati corti della cisterna si trovavano altre due vasche e un pozzo di entrata e uscita dell'acqua.
L'area, di m 120 x 20, in cui sono stati rinvenuti i resti di imbarcazioni, corrisponde al porto principale della città antica, protetto anticamente da un lungo molo che collegava la riva all'isola di Peddona. Sono state recuperate notevoli quantità di reperti ceramici di varie epoche, gioielli, monete, lucerne, colonne di granito, ossa animali, strumenti per la pesca e soprattutto 24 relitti di navi, in buono stato di conservazione, di cui due dell'epoca di Nerone, 16 risalenti al V secolo d.C. e due dell'età giudicale, Uno dei rinvenimenti più importanti è costituito dal recupero di una flotta imperiale databile al V secolo composta di navi originariamente lunghe tra i 18 e i 30 m, disposte parallelamente fra loro e perpendicolari alla linea di costa, colate a picco alla stessa profondità, in acque basse. Dalla posizione si è dedotto che esse siano state affondate mentre erano ormeggiate in porto, lungo pontili lignei di cui sono stati individuati i resti. Ciò ha fatto pensare che la distruzione fosse avvenuta per tutte nello stesso momento in seguito ad un evento distruttivo di grande portata, come indicherebbero anche le tracce di bruciature sui legni.

Storia degli scavi
Le prime indagini volte alla ricerca delle origini della città si svolsero al principio del XVII secolo e interessarono le aree cimiteriali presso la chiesa di San Simplicio. Nella prima metà dell'Ottocento furono avviate ricerche archeologiche finalizzate all'acquisizione di testimonianze materiali che confluirono sia presso istituti museali sia in collezioni private italiane ed estere. La cronaca di tale attività, che portò a numerosissime scoperte, fu data dal canonico Giovanni Spano dal 1855 al 1876. A partire dal 1880 e fino al 1884 Pietro Tamponi compilò una serie di importanti note sulle scoperte archeologiche effettuate a Olbia e nel suo territorio. Anche i Soprintendenti Antonio Taramelli nei primi decenni del Novecento e Doro Levi negli anni Trenta si occuparono a più riprese di scavi archeologici. Negli anni Cinquanta molto importante fu l'attività di Dionigi Panedda che confluì nei due volumi su Olbia della "Forma italiane". Dal 1958 al 1977 la città è stata oggetto di interventi sporadici di scavo e di recupero, come quelli del primo Soprintendente alle antichità per le Province di Sassari e Nuoro Guglielmo Maetzke tra la fine degli anni Cinquanta e il 1966 e quelli di Enrico Acquaro negli anni Settanta. Negli anni successivi fino al 1990 la tutela della Soprintendenza archeologica è divenuta sistematica e continua. Dal 1990 viene svolta ad Olbia un'attività di ricerca e di conoscenza approfondita del territorio, che comprende anche il controllo ed il recupero del patrimonio archeologico proveniente da scavi sporadici sia terrestri sia subacquei. Purtroppo la distruzione delle strutture della città antica è andata di pari passo con lo sviluppo della città moderna. La maggior parte degli scavi nella sola area urbana hanno infatti avuto, ed hanno tutt'oggi, le caratteristiche dell'emergenza (in numero di cinquanta dal 1980 al 1994, sotto la direzione dapprima di Antonio Sanciu e poi di Rubens D'Oriano). Nel 1992 uno scavo d'urgenza ha messo in luce un'importante area funeraria in località Su Cuguttu. Nel luglio del 1999, durante i lavori per la costruzione di un tunnel sotto il livello del mare, sono stati ritrovati i resti di quelli che lo scavo archeologico, dislocato lungo la fascia litoranea e durato tre anni, condotto da Rubens D'Oriano, ha identificato come i relitti di navi antiche con i loro carichi.

Bibliografia
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Come arrivare
Per giungere presso la zona archeologica si percorre il corso Umberto e in pochi minuti a piedi si possono raggiungere le mura puniche ubicate tra via Torino, via Acquedotto (non lontano dalle Poste Centrali) e la chiesa romanica di San Simplicio, edificata tra l'XI e il XII secolo. I resti dell'acquedotto romano sono visibili in località Sa Rughittula (dal lungomare di via dei Lidi si svolta a s. e subito dopo il cavalcavia si percorre la strada asfaltata per circa 1 km).

Content type: Archaeological complex
Archaeology

Province: Sassari

Common: Olbia

Macro Territorial Area: Northern Sardinia

POSTAL CODE: 07026

Update

5/10/2023 - 11:06

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