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Carnevale di Ovodda

Carnevale di Ovodda

Carnevale di Ovodda

Il Carnevale di Ovodda si svolge il Mercoledì delle Ceneri (Mehuris de Lessia). È caratterizzato da una forte identificazione della comunità con le proprie tradizioni secolari. Personaggio principale è Don Conte, fantoccio antropomorfo maschile, talvolta ermafrodito; che indossa una larga tunica colorata da cui traspare una grossa pancia fatta di stracci che copre l’anima in ferro che lo sorregge. Il volto, che può cambiare di anno in anno, viene realizzato con scorze di sughero o cartapesta, baffi posticci e altri elementi. Presenta genitali accentuati che, insieme al pancione, gli conferiscono un aspetto ridicolo che alimenta la vena satirica del carnevale. Viene portato in giro per il paese su un carretto trainato da un asino e addobbato con ortaggi, pelli d'animali e altri oggetti stravaganti.
Il suono di un campanaccio dà l'avvio ai festeggiamenti. Inizia così una grottesca processione alla quale si accodano tutte le persone che vogliono partecipare. Non esistono percorsi obbligatori, il carretto vaga durante tutta la giornata per le vie del paese; non esistono regole, la gente può seguire il percorso, disperdersi in gruppi, perdersi e rincontrarsi; non esistono transenne che delimitano chi fa spettacolo da chi lo guarda. Il corteo che accompagna per le strade Don Conte è costituito da sos Intintos, uomini dalla faccia imbrattata di fuliggine, generalmente vestiti con stracci, abiti vecchi, lenzuola o coperte ma anche con lunghi pastrani di orbace nero o con gambali di cuoio e vestiti di velluto, abbigliamento tipico dei pastori barbaricini. Alcuni di loro, gli Intinghidores, hanno il compito di imbrattare con polvere di sughero bruciato, (zinziveddu) il viso di coloro che incontrano lungo il cammino; il gesto rappresenta il rituale d'ingresso alla festa, di cui si accetta il caos e l'anarchia.
In piazza è allestito un ricco banchetto e s'improvvisa, intorno al fuoco e al suono della fisarmonica il ballo tipico (su ballu tundu). Alcuni giovani vanno di casa in casa a chiedere la questua (si tratta di solito di beni alimentari come dolci, frutta e pietanze varie). Le maschere, in groppa ad asini o tenendo al guinzaglio animali di ogni tipo, gironzolano per il paese, mentre urla, canti ritmati, strumenti occasionali e campanacci creano una forte confusione, tipica di questa manifestazione.
L'arrivo del tramonto segna la fine di Don Conte che viene prima giustiziato, poi bruciato e infine gettato in una scarpata alla periferia del paese. Da quel momento la comunità si riunisce intorno al ricco banchetto in un momento di forte aggregazione sociale. I festeggiamenti hanno fine a mezzanotte e con il ritorno alla vita normale si ristabilisce l'ordine.

Le maschere
Don Conte: fantoccio antropomorfo maschile che indossa una larga tunica colorata, ha una grossa pancia fatta di stracci che copre la struttura di ferro sottostante. Il volto, diverso di anno in anno, viene realizzato con scorze di sughero o cartapesta e baffi finti.
Sos Intintos: uomini con il viso nero di fuliggine, vestiti con stracci, abiti vecchi, lenzuola o coperte ma anche vestiti di velluto, con lunghi pastrani di orbace nero e gambali di cuoio. Fra loro gli Intinghidores hanno il compito di imbrattare con polvere di sughero bruciato il viso di chi incontrano lungo il cammino.

Storia
Sono diversi gli elementi che differenziano questo evento dagli altri carnevali barbaricini. Il fatto che si svolge il Mercoledì delle Ceneri (Mehuris de Lessìa) e la totale assenza degli enti istituzionali nell'organizzazione dell'evento o la mancanza di qualsiasi tipo di propaganda. Il rifiuto della standardizzazione porta gli ovoddesi a recuperare in pieno la propria identità culturale; la manifestazione si deve alla spontaneità e alla creatività degli abitanti che partecipano attivamente alla creazione di questo "teatro estremo" rivivendo nel presente momenti del passato, spinti da un bisogno collettivo di ritrovare la memoria. Ma è anche una giornata dominata dalla trasgressione che permette alla comunità di esorcizzare in modo liberatorio, abbandonandosi a urla, rumori assordanti, bevute collettive e danze, i cambiamenti e le trasformazioni sociali. Scarse sono le informazioni riguardanti le origini delle maschere del carnevale ovoddese. Si racconta di un uomo potente e temuto, Don Conte, che molti anni fa in un tempo imprecisato si impossessò di Ovodda. Solo dopo lunghi anni di soprusi, la comunità si ribellò giustiziandolo. Gli ovoddesi da quel giorno rievocherebbero ogni anno l'episodio. Il carnevale non viene impersonato un dio che muore per poi rinascere ciclicamente, ma raffigurato come un fatto storicamente accaduto. Il protagonista nasce e muore il primo giorno di Quaresima, momento dedicato dalla Chiesa cattolica alla preghiera a al pentimento.
Un tempo il Don Conte era rappresentato dallo "scemo del villaggio", oggi si utilizza un grosso fantoccio che viene condotto in giro per il paese a chiedere l'elemosina. Sos Intintos rappresentano i sudditi soggiogati che celebrano la conquistata libertà. L'utilizzo del zinziveddu viene collegato a episodi di rivolta, probabilmente durante la dominazione spagnola, poiché l’uso di annerirsi il volto era diffuso fra i ribelli per mimetizzarsi nell'oscurità.
Un tempo, il colore esclusivo di questa giornata era il nero e questa ricorrenza era riservata solo agli uomini che vestivano abiti vedovili e si abbandonavano a mille licenziosità. Nel corso degli anni la festa ha subito varie trasformazioni, sia nel modo di mascherarsi sia nel modo di dipingersi il volto, ma il cambiamento più importante riguarda la partecipazione delle donne al corteo.

Aggiornamento

6/2/2024 - 08:42

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