Per quanto riguarda il trattamento delle occlusive sonore in posizione intervocalica, va ancora una volta sottolineato che la situazione più conservativa è offerta dai dialetti centrali, nei quali si osserva in generale il passaggio di questi foni a spiranti sonore dello stesso luogo di articolazione.
Pertanto, esemplificando, dal lat. cubare, pede(m), ego si hanno, rispettivamente, kuƀare nascondere, pèðe piede, ègo, dègo io. In logudorese e in campidanese, invece, il processo di lenizione qui descritto è giunto, di norma, sino al dileguo delle consonanti interessate, sicché le forme corrispondenti sono, per nascondere, il log. kuare e il camp. kuai, akkuai, per piede il log. pèe, pè e il camp. pèi, per io il log. èo, dèo e il camp. dèu. Riepilogando in uno schema una situazione che nella realtà, stanti anche i rapporti e le reciproche influenze fra i vari dialetti, è assai più sfumata e frantumata, possiamo dire che il trattamento delle occlusive intervocaliche in sardo è il seguente: dialetti centro orientali: p , t , k > p , t , k (= conservazione); b , d , g > ƀ , ð , g- (= danno spiranti sonore); dialetti periferici: p , t , k > ƀ , ð , -g (= danno spiranti sonore); b , d , g > Ø (= zero, dileguo). In tutti gli studi del sardo e nella classificazione di fenomeni e dialetti va sempre tenuto conto che i confini tracciati sono sempre relativi. Infatti, i linguisti e i glottologi cercano di mettere ordine in una situazione che è di per se molto complessa.
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