Le varietà logudoresi della lingua sarda sono state considerate dagli studiosi per molto tempo quelle più caratteristiche e conservative rispetto al latino.
Gli esiti delle labiovelari ("limba" invece che "lingua", "abba" invece che "acua") e delle occlusive, nonché il trattamento morfologico e lessicale hanno confermato spesso questa tesi.
Molti altri fatti potrebbero essere ancora enumerati per rendere conto delle differenze oggi osservabili fra il logudorese e il campidanese: l'articolo plurale diverso per genere (maschile "sos", femminile "sas" contro l'unico "is" delle varietà meridionali), la resistenza nell'uso di alcune forme pronominali ("nos ant bidu", ci hanno visto, per "s'ant biu"), una diversa impostazione della domanda con la particella "A" davanti ("A benis a domo?" per Vieni a casa?, contro "Benis a domu?".
Nel logudorese inoltre le tre coniugazioni del paradigma verbale sono in "are", "ere" e "ire". Anche le varietà logudoresi (che si estendono ben al di là del Logudoro propriamente detto) al loro interno si suddividono in zone con caratteristiche divergenti e, in definitiva, volendo essere precisi ogni villaggio o paese ha la sua parlata differenziata.
Le varietà più settentrionali hanno per esempio risentito del contatto con il toscano nel medioevo (si dice "fiore" invece che "frore") e hanno fonemi particolari nei nessi consonantici "sc", "lc" e altri. Le varianti del Baroniese, più vicine al barbaricino, hanno mantenuto la "t" intervocalica del latino "andatu" o "annatu" invece che "andadu". Il logudorese comune e regolare è considerato quello del Marghine e Goceano.
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Autore : Casu, Carlo
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