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Labiovelari

Labiovelari


Il trattamento delle consonanti labiovelari, oltre che appassionare gli storici della lingua latina, è importante nella formazione di tutte le lingue di tipo indoeuropeo, compreso il sardo.
I foni che si incontrano, per es., nel lat. quattuor ''quattro'', aqua ''acqua'' (labiovelare sorda), o in anguilla ''anguilla'' e in lingua ''lingua'' (labiovelare sonora), in sardo hanno come esito b(b), occlusiva bilabiale sonora (eventualmente lunga), sicché nelle varietà centro settentrionali le forme per ''quattro'', ''acqua'', ''anguilla'' e ''lingua'' sono, rispettivamente, báttoro, ábba, ambíḍḍa e límba. Nello stesso modo anche la forma per ''cinque'', kímbe. Si pensi però al fatto che, mentre ciò accade nel centr-nord dell’isola, il sardo del centro-sud tratta le antiche labiovelari del latino come fanno i dialetti italoromanzi. Anche nelle zone grige arborensi o ogliastrine il fenomeno è contradditorio. Differente del tutto è la situazione offerta dal campidanese, ove si registrano degli esiti di tipo italiano che, secondo gli studiosi della scuola wagneriana, si sono affermati durante la dominazione pisana: per ''quattro'' si ha infatti kwátturu, kwáttru, per ''acqua'' ákwa, per ''anguilla'' angwíḍḍa e per ''lingua'' língwa. Anche in questa varietà, va però precisato, vi è traccia degli esiti più antichi in parole del lessico rustico che non avevano corrispondenza in toscano, per es. in silíbba ''carruba'', che proviene dal lat. siliqua(m).

Update

11/5/2023 - 16:44

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