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Paulilatino, Santuario di Santa Cristina

Paulilatino, Santuario di Santa Cristina

Paulilatino, Santuario di Santa Cristina

Il sito è localizzato geograficamente nell'altopiano basaltico di Abbasanta, nella Sardegna centro-occidentale, presso il santuario campestre di Santa Cristina.
Santa Cristina costituisce una delle più importanti aree sacre della Sardegna nuragica, uno dei più significativi esempi di santuario dedicato al culto delle acque.
Il complesso comprende due settori, a NE e a SO, separati dalla chiesa con le sue "cumbessias" (non anteriore al XVIII sec.) .
Il nucleo NE comprende il tempio a pozzo, la cosiddetta "capanna delle riunioni" con annesso recinto e una serie di altri ambienti.
Il tempio a pozzo, orientato N/NO e S/SE, è costituito da un atrio, una scala discendente e una tholos sotterranea che custodisce la vena sorgiva. Ancora oggi dagli interstizi della muratura della camera filtra l'acqua sorgiva, particolarmente abbondante nell'inverno-primavera.
Dell'elevato del pozzo residua soltanto il profilo di pianta che, peraltro, non sembra riflettere pienamente il disegno originario. La parte medio-superiore della scala è interamente di restauro.
Le strutture emergenti, limitate al muro perimetrale a forma di serratura di chiave con bancone-sedile (forse più tardo), includono l'atrio rettangolare ed il tamburo del pozzo. Il tutto è racchiuso da un recinto ellittico (m 26 x m 20) con ingresso volto a N/NO, che separa il tempio dalle altre strutture del santuario. Il recinto ellittico in origine, doveva sostenere un tumulo di terra nel quale si inquadrava l'ingresso della scala, verosimilmente monumentalizzato così come si può vedere nel contemporaneo tempietto di Su Tempiesu (Orune) in ottimo stato di conservazione e recentemente restaurato.
Il vano scala, di pianta e sezione trapezoidale (larghezza a fior di suolo m 3,47; larghezza all'ultimo gradino m 1,40), ha una profondità complessiva di circa m 6,50. La scala è costituita da 25 gradini ed è coperta da un soffitto gradonato che riproduce una sorta di scala rovesciata. La tholos, molto affusolata, è magistralmente costruita con filari di blocchi basaltici di media grandezza con faccia a vista sbiecata. L'anello più alto è privo di chiusura.
La "capanna delle riunioni", dove presumibilmente avvenivano le riunioni dei capi delle comunità nuragiche che si recavano al santuario per la celebrazione delle ritualità comuni, situata ad O del tempio, è circolare (diametro m 10) e si conserva per un'altezza massima residua di m 1,70. L'interno, è pavimentato con ciottoli e presenta un sedile anulare.
A ridosso dell'ambiente sono presenti vani a pianta quadrata, rettangolare e circolare, che avanzano per pochi filari, da interpretarsi come alloggi degli addetti del culto e dei pellegrini e come botteghe collegate col mercato che doveva tenersi in occasione delle solennità religiose.
Gli scavi del tempio hanno messo in luce bronzi siro-palestinesi della fine del II-inizi del I millennio a.C. e fibule bronzee ad arco semplice ed a sanguisuga del IX e VII sec. a.C., che testimoniano la vitalità commerciale dell'area sacra. La navicella bronzea segnalata dal Taramelli era invece collegata con la favissa del tempio.
Il pozzo sacro è probabilmente da collocarsi nel Bronzo finale, verosimilmente nell'XI sec. a.C. In età tardo-punica il santuario fu consacrato a Demetra e Core, come testimoniano gli ex voto fittili a testa di dea "kernophoros" e le figure muliebri ammantate, ed in età tardo-repubblicana a Cerere.
Il settore SO, distante circa 200 m dal precedente, presenta un nuraghe e strutture abitative di varia cronologia.
Il nuraghe è monotorre (diametro esterno m 13; altezza residua m 6) con scala e nicchia d'andito. È costruito con blocchi di basalto appena sbozzati. La camera (diametro m 3,50) presenta tre nicchie disposte a croce e conserva ancora intatta la volta a ogiva.
Intorno al nuraghe si rilevano le tracce dell'abitato, in particolare tre capanne allungate di incerta cronologia.

Storia degli scavi
Il sito archeologico fu riconosciuto nell'Ottocento da Alberto Lamarmora e Giovanni Spano. Antonio Taramelli segnalò il rinvenimento di una navicella nuragica, ma i primi interventi di scavo del pozzo risalgono al 1953. Altre indagini furono effettuate nel 1967-73 e nel 1977-83 ad opera di Enrico Atzeni. Nel 1989-90 Paolo Bernardini esplorò alcuni ambienti del villaggio. L'area è tuttora oggetto di scavo e restauro.

Bibliografia
E. Atzeni, "Santuario nuragico di Santa Cristina (Paulilatino), in Rivista di Scienze Preistoriche, XXXII, n. 1- 2, 1977, p. 359;
E. Contu, "L'architettura nuragica", in Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica, Milano, Scheiwiller, 1981;
G. Lilliu, La civiltà dei sardi dal paleolitico all'età dei nuraghi, Torino, Nuova ERI, 1988;
A. Moravetti, Il santuario nuragico di Santa Cristina, collana "Sardegna archeologica. Guide e Itinerari", Sassari, Carlo Delfino, 2003;
R. Zucca, Viaggio nell'archeologia della provincia di Oristano, Oristano, E.P.T. Oristano, 2004, pp. 35-36.

Come arrivare
L'area archeologica è raggiungibile dalla SS 131 Sassari-Cagliari: all'altezza del km 114,300 si trova il bivio, segnalato da cartelli, per giungere al complesso.

Tipologia Contenuti: Complesso archeologico
Archeologia

Provincia: Oristano

Comune: Paulilatino

Macro Area Territoriale: Centro Sardegna

CAP: 09070

Indirizzo: SS 131, km 114,300

Email: info@pozzosantacristina.com

Sito Web: www.pozzosantacristina.com

Informazioni sui biglietti e sull\'accesso: Per poter visitare il complesso archeologico e usufruire dei servizi è necessario fare riferimento al gestore: Cooperativa Archeotur.

Aggiornamento

13/10/2023 - 10:55

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