I fazzoletti ricamati di Oliena «un giardino fiorito»
«Giacinto era a Oliena […]. Il villaggio bianco sotto i monti azzurri e chiari come fatti di marmo e d’aria, ardeva come una cava di calce: ma ogni tanto una marea di vento lo rinfrescava e i noci e i peschi negli orti mormoravano fra il fruscio dell’acqua e degli uccelli.Giacinto guardava le donne che andavano a messa, composte, rigide, coi visi quadrati, pallidi nella cornice dei capelli lucidi come il raso nero, i malleoli nudi di cerbiatta, le belle scarpette fiorite: sedute sul pavimento della chiesa, coi corsetti rossi, quasi del tutto coperte dai fazzoletti ricamati davano l’idea di un campo di fiori». (Grazie Deledda, Canne al vento, cap. X). A Oliena l’ampio fazzoletto da testa (1,20 x 1,20 m.), in tibet nero, con lunghe frange (himulas) lungo il perimetro esterno, ha subito non pochi cambiamenti rispetto al passato.Circa un secolo fa le olianesi, infatti, le olianesi lo indossavano sopra su cammùsciu. Quest’ultimo accessorio, oggi scomparso dall’uso, era una cuffietta rigida. Ne resta memoria in un’espressione, usata a mo’ di scherzoso rimbrotto nei confronti di chi tira un po’ troppo per le lunghe nei preparativi: «Ite ti ses estinde su cammùsciu?» (‘Cosa fai? Stai indossando su cammùsciu?’). Anche per quel che riguarda le decorazioni dello scialle si registrano variazioni verificatesi col passar del tempo.Anticamente per il ricamo si utilizzavano solo fili di seta. La canuttiglia dorata e argentata fu introdotta solo successivamente, a partire dagli anni Venti del Novecento, da prima in quantità molto ridotte, poi sempre più abbondanti.Inoltre, inizialmente il repertorio iconografico codificato includeva unicamente motivi fitomorfi e, specificamente, soltanto tre tipi di fiori: rose, margherite e viole del pensiero, i garofani, con i rispettivi gambi e foglie. Poi si sono aggiunti, man a mano, i garofani a punta oppure tondeggianti. Perfino le dimensioni stesse dei soggetti floreali hanno subito un cambiamento: la rosa classica, ad esempio, prima era piuttosto grande e solo in un secondo tempo si sono accompagnate ad essa le roselline miniate.Fra le altre innovazioni sopraggiunte nel corso del tempo vi sono le càrcias in filo di seta colorato, oramai entrate nell’uso, piccoli ornamenti, in origine realizzati esclusivamente con la canutiglia dorata, applicati alle frange dello scialle per abbellirle.Nel contesto tradizionale su muncadore era dotato di una vera e propria vita sociale. Fungeva da indicatore di status civile, distinguendo la donna nubile da quella sposata. Lo scialle da signorina solitamente veniva confezionato dalla madre della ragazza. Meno decorato nella parte riservata al ricamo, aveva un solo filo di càrcias. Quello da sposa con due fila di càrcias, costituiva il regalo che la suocera faceva alla nuora prima delle nozze, e, perciò, era detto su muncadore’e donu.Attualmente persa la valenza funzionale, non è raro che venga commissionato, per mere ragioni estetiche, unu muncadore con una sola fila di càrcias per una donna sposata, a scapito dell’originale valore segnico.