La creazione del Regno d'Italia spinse la Sardegna ancora di più verso il baricentro culturale della penisola italiana. La partecipazione all'unificazione e alla creazione di questa nuova nazione creò nell'isola una situazione di estremo dinamismo, ma mise anche in luce le sue debolezze strutturali dal punto di vista socio-economico.
La privatizzazione delle terre (meglio conosciuta come "legge delle chiudende) si trasformò in un immenso affare di discriminazione sociale che impoverì maggiormente la popolazione. L'elevata tassazione, la politica protezionistica a favore del Nord Italia industriale, la colonizzazione mineraria, i trasporti interni ed esterni inesistenti, la povertà delle campagne rendevano la situazione sempre difficile.
Di contro, l'appartenenza a uno Stato unitario dava dei vantaggi. In particolare, la scuola elementare divenne una realtà diffusa e la letteratura cominciò, lentamente ma inesorabilmente, a divenire patrimonio comune. L'analfabetismo diminuì e l'italiano diventò una lingua la cui conoscenza, più o meno precaria, si diffuse anche negli strati popolari.
Di conseguenza, nell'isola la modernità viene veicolata in questa lingua, mentre quella sarda tende a retrocedere, anche se ancora largamente maggioritaria nella popolazione. Molti scrittori di valore adottarono la lingua ufficiale dell'"Italia delle nazioni".
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Autore : Bronconi, Silvano
Autore : Bronconi, Silvano
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