Gli studiosi hanno ricostruito con fatica il ruolo della letteratura religiosa nel medioevo sardo. L'assoluta penuria di fonti ha reso difficoltoso documentare scientificamente una produzione che doveva essere certamente molto cospicua. Come nel resto della attività scrittoria, anche le opere di genere sacro erano informate del plurilinguismo che caratterizzava la cultura dell'isola.
La scelta della lingua (latino, sardo, catalano o toscano) era legata alle possibilità di diffusione dei testi.
Tra i generi più frequentati nella lingua latina spicca l'agiografia, che si espresse nelle forme più alte grazie al contributo dei monaci benedettini. Fu probabilmente un sacerdote di nome Paolo a scrivere "La vita e l'ufitzio di San Giorgio vescovo di Suelli" nella prima metà dell'XI secolo. L'autore rielabora tradizioni e modelli precedenti per costruire la biografia del vescovo, arricchita di miracoli e prodigi simili a quelli di altri santi.
Sempre per ragioni di ordine religioso venivano compilati i "laudari", che contenevano testi paraliturgici adatti alla predicazione tra il popolo. È giunto fino a noi il "Laudario dei disciplinati bianchi di Sassari", che riporta componimenti in lingua toscana e sarda e che ben rappresenta il fenomeno del contatto linguistico di quei tempi. La città turritana, infatti, dopo la conquista catalana era divenuta un crogiuolo etnico-linguistico nel quale il sardo degli Statuti lasciava lentamente il posto alle nuove lingue egemoni.
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Autore : Mele, Antonio <professore>
Anno : 2016
Autore : Toso, Fiorenzo
Anno : 2012
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