Seguici su
Cerca Cerca nel sito

Carnevale di Ottana

Carnevale di Ottana

Carnevale di Ottana

Il carnevale di Ottana affonda le sue radici nel mondo sardo arcaico e nei suoi valori agropastorali, e perpetua una tradizione mai interrotta. È una delle ricorrenze più attese dalla popolazione che partecipa attivamente con un profondo legame alle proprie radici.
Le maschere descrivono, con spontanee interpretazioni basate su una sorta di canovaccio, personaggi, ruoli e situazioni della vita contadina e pastorale: l'aratura, la semina, il raccolto, la cura, la domatura, la malattia, la morte degli animali. Il filo conduttore è costituito dalle maschere che rappresentano gli animali: Merdùles, Boes, Porcos, Molentes, Crapolos.
Sos Merdùles sono i contadini, vestiti di pelli bianche o nere o con vecchi abiti della tradizione locale, hanno il viso coperto da maschere lignee, dai tratti deformati per raffigurare la fatica del lavoro nei campi. Procedono ricurvi lentamente, portando sulle spalle uno zaino in pelle che contiene pane e companatico (sa taschedda). Tengono con una mano le redini (sas soccas) con cui sono legati i Boes, con l’altra mano si appoggiano a un bastone, utilizzato anche per tenere a bada i Boes. Parlano e si lamentano della loro sorte ed esortano spesso gli astanti a tenersi lontani dal pericolo: allontanatevi perché stanno passando i buoi e può essere pericoloso (appartadeboche po su voe). Talvolta il Merdùle è un uomo travestito da donna e rappresenta la difficoltà di una vedova nell'affrontare il lavoro dei campi, altre voltre si può presentare con le redini a tracolla (sas soccas armugoddu) pronto a prendere al laccio (issoccare) i Boes che gli passano vicino. Procedono con passo claudicante, stanco e sgraziato.
Sos Boes (i buoi), tenuti alle redini dal Merdùle. Indossano pelli di pecora o abiti vecchi della tradizione locale e portano in spalla una cintola di cuoio da cui pendono i campanacci (sonazas). Il viso coperto da una maschere di legno intagliato (sas caratzas) con sembianze bovine e corna. Talvolta nelle corna vengono infilate frittelle di semola (sas gatzas), due foglie che decorano gli zigomi e una stella che decora la fronte (la stella rappresenta il marchio distintivo di un vecchio artigiano locale ormai scomparso). Procedono saltando a ritmo cadenzato dal suono dei campanacci, ogni tanto si fermano per inscenare una ribellione, buttandosi per terra o agitandosi e creando scompiglio tra la gente. Sos Porcos e Sos Molentes, maschere di maiale e di asino presenti in minor numero. Il maiale, vestito di pelli o altro, il viso coperto da una maschera lignea, è dotato di un solo campanaccio, come nella realtà della vita dei campi; chi lo conduce porta sempre con sé una stuoia di giunco (sa panastra) sopra la quale si coricano i maialini per succhiare il latte dalla scrofa. Su Cherbu (il cervo) e Su Crappolu (il capriolo) sono anch'esse maschere presenti nel carnevale, ma più rare. Sa Filonzana è un uomo travestito da vecchia piegata dall'età, vestita di nero e con il volto nascosto da una maschera lignea o colorato con la fuliggine che contrasta col bianco di una dentiera, ricavata da una patata. Ha fra le mani il fuso, la conocchia e la lana, fila e predice un futuro più o meno prospero o infausto, a seconda della qualità del vino che le viene offerto. Oggi ha anche le forbici, come la Parca romana che recideva il filo della vita. Sas Mascaras Serias sono impersonate da uomini e donne, procedono saltellanti e con movenze di danza, vestite in modo eccentrico, con abiti vecchi, lenzuola o tappeti, rappresentano lo spirito goliardico che capovolge il senso dell'esistenza.
Il carnevale impazza per tre giorni nelle le vie del paese, dalla domenica di quinquagesima fino al martedì che precede il mercoledì delle Ceneri. Inizia la sera del 16 gennaio, festa di Sant'Antonio Abate, quando, dopo la funzione religiosa che termina con la benedizione del falò in piazza (su Ogulone), le maschere fanno la loro prima uscita e si radunano intorno al fuoco.
In questa occasione il sacerdote consegna un piatto di rame  lavorato a sbalzo con motivi decorativi e una scritta in caratteri alemanni (s'Affuente). Il piatto viene utilizzato anche durante i riti della Settimana Santa, per la lavanda dei piedi e per riporre i chiodi che vengono tolti al Cristo il Venerdì Santo durante la cerimonia della deposizione dalla Croce. Il piatto in questa occasione diventa uno strumento musicale che, percosso verticalmente con una grossa chiave, scandisce il ritmo del ballo tipico di Ottana, l'antico Ballu de s'Affuente. Altri strumenti musicali sono un cilindro di sughero (s'òrriu) con la parte superiore ricoperta da un pezzo di pelle di animale dal quale pende una correggia che, intrisa di pece e fatta scorrere all'interno con la mano, produce un suono roco e prolungato che spaventa le bestie e disarciona i cavalieri o su pipiolu, uno zufolo realizzato con canna palustre.

Le maschere
Sos Merdùles: i contadini vestiti con mastruche (pelli bianche o nere) o con vecchi abiti della tradizione locale, il viso coperto da maschere lignee dai tratti deformati. Portano sulle spalle uno zaino in pelle (sa taschedda), tengono con una mano le redini (sas soccas) cui sono legati i Boes. L’altra mano si poggia su un bastone utilizzato anche per tenere a bada i Boes.
Sos Boes: indossano pelli di pecora o abiti vecchi della tradizione locale e portano in spalla una cintola di cuoio da cui pendono i campanacci (sonazas), il viso coperto da maschere di legno con sembianze bovine e corna. Sono tenuti dalle redini dal Merdùle.
Sa Filonzana: un uomo travestito da spaventosa vecchia vestita di nero e con il volto nascosto da una maschera lignea, oppure colorato con la fuliggine che contrasta col bianco di una dentiera ricavata da una patata. Ha fra le mani il fuso, la conocchia e la lana, fila e predice un futuro prospero o infausto, a seconda della qualità del vino che le viene offerto. Oggi ha anche le forbici, alludendo alla Parca romana che recideva il filo della vita.
Sas Mascaras Serias: uomini e donne di tutte le età e condizioni procedono saltellanti vestiti in modo eccentrico, con abiti vecchi, lenzuola, copriletto e persino tappeti da tavolo, rappresentano lo spirito goliardico che capovolge il senso dell'esistenza.

Storia
Il carnevale di Ottana affonda le proprie radici nella cultura contadina e pastorale rappresentandone i momenti fondamentali. Le celebrazioni hanno mantenuto i caratteri originari in seguito all'isolamento in cui il paese è vissuto per lungo tempo. La rappresentazione della vita contadina si intreccia, secondo gli antropologi, con antiche cerimonie, in particolare i riti in onore di Dioniso che ogni anno rinasce a primavera risvegliando la terra e la vegetazione, motivo comune ad altri riti a sfondo magico delle antiche civiltà agrarie del Mediterraneo. Il carnevale ottanese richiama inoltre il culto neolitico mediterraneo (e sardo) "del bove", in cui il toro era simbolo di forza e vitalità. Anche questo rito avrebbe funzione apotropaica, contro gli spiriti maligni per propiziare la fertilità degli armenti. L’uomo, soggiogando e adorando il toro, tende ad avvicinarsi alla condizione dell'animale e il carnevale; inscenando grottescamente l'avvenuta trasformazione esorcizza il rischio che questa diventi realtà nel quotidiano.

Aggiornamento

6/2/2024 - 08:35

Commenti

Scrivi un commento

Invia