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Le sculture tardoantiche

Le sculture tardoantiche

Le sculture tardoantiche

Come per la storia dell'architettura, anche per la scultura altomedioevale in Sardegna può proporsi una periodizzazione che proceda parallelamente alle date e agli eventi di demarcazione storica, dalla precoce introduzione del cristianesimo nell'isola alla fine dell'epoca vandalica (534 d.C.) per la documentazione tardoantica, dalla metà del VI al VII secolo per quella paleobizantina, dalla metà del X ai primi decenni dell'XI secolo per la mediobizantina, con sporadici documenti scultorei che si inseriscono a colmare il vuoto dell'VIII-IX secolo.

Al contesto cimiteriale di Sant'Antioco è riferibile il sarcofago da cui deriva un frammento marmoreo con strigilature, conservato nella locale collezione Biggio, il cui pannello centrale mostra la figura di Orfeo liricino. Né i precisi riscontri con sarcofagi del III-IV secolo come quello conservato nella cripta della basilica di San Gavino a Porto Torres, o analoghi esemplari tardoantichi di officina ostiense, né la lettura iconologica che identifica Orfeo come figura di Cristo, bastano però a dimostrare la fede cristiana del sepolto, non appurabile sulla semplice base del soggetto iconografico, comune alla produzione destinata a non cristiani.

Il più antico documento scultoreo di sicura iconografia cristiana è il frammento di un sarcofago a doppio registro, proveniente da Olbia e anch'esso nella raccolta museale cagliaritana. Nel registro superiore sono raffigurati "Sacrificio di Isacco, Guarigione del paralitico, Daniele nella fossa dei leoni"; in quello inferiore restano le teste di quattro personaggi maschili. La datazione proposta per la sua produzione è alla fine del III o agli inizi del IV secolo, in un'officina probabilmente di Ostia.

Altri frammenti scultorei, anch'essi oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, coprono l'arco cronologico dalla metà del IV al VII secolo, indiziando la continuità di importazioni marmoree dal continente italico. Numerosi capitelli dell'isola, soprattutto quelli a foglie lisce, possono essere stati lavorati in officine romane tra il IV e il V secolo, nonostante la continuità di produzione nei secoli successivi ne renda difficile una collocazione cronologica precisa.

Un bel capitello del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari (vedi foto a inizio pagina), a due zone con kalathos a intreccio vimineo e colombe agli angoli dell'abaco ospitante croci laureate, è invece riconducibile alla produzione di officine costantinopolitane attive nella prima metà del VI secolo.

Aggiornamento

11/5/2023 - 16:43

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