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Occlusive sorde

Occlusive sorde


Un’'altra caratteristica estremamente conservativa del consonantismo sardo, testimoniata oggi soltanto dai dialetti centrali (specialmente quelli della Baronia e del Bittese, nella regione centro orientale dell’isola), è il mantenimento delle occlusive sorde in posizione intervocalica.
In queste parlate, per fare alcuni esempi, dal lat. cupa(m) si ha kúpa "bótte", da ape(m) ápe "ape", da rota(m) ròta "ruota", da catena(m) katèna “catena”, da locu(m) lóku "luogo", da secare sekare "tagliare, rompere". I restanti dialetti sardi, ossia il logudorese e il campidanese, mostrano a questo riguardo una situazione meno conservativa, giacché si registra in essi il passaggio delle occlusive sorde -p , t , k fra vocali a un’articolazione meno energica (pertanto, per indicare questo processo di indebolimento, si parla in generale di lenizione): rispettivamente, dunque, hanno per esito ƀ , đ , g-, spiranti sonore bilabiale, dentale e velare, realizzate senza che gli organi fonatori interessati (ad es., le labbra, nel caso di ƀ) blocchino completamente l’aria espiratoria, lasciandola anzi defluire verso l’esterno attraverso uno stretto canale (a questo si unisce inoltre la vibrazione delle corde vocali, che conferisce a questi suoni il carattere della sonorità, assente nei suoni sordi). Restando dunque agli esempi portati in precedenza, alla forma kúpa dei dialetti centrali corrispondono il log. e il camp. kúƀa (con ƀ simile alla realizzazione che troviamo nella parola sp. lobo “lupo”).

Aggiornamento

11/5/2023 - 16:44

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