Pendente in oro, da Tharros, cultura fenicio-punica - Museo Archeologico Nazionale - Cagliari

Gli ori di Tharros

Gennaro Pesce nel 1966 stimò in circa cinque miliardi di lire il valore dei reperti trafugati dal sito di Tharros a partire dal 1851, anno in cui un titolato inglese, lord Vernon, operò una serie di scavi presso il Capo San Marco indagando una ventina di ipogei punici.

Con l'aiuto del marchese Boyl, che lo ospitò nel suo famoso palazzo di Milis, il Vernon riportò alla luce splendidi corredi funerari, composti di oreficerie, scarabei, bronzi e prezioso vasellame, tanto da andare ad arricchire non solo le collezioni del British Museum di Londra, ma anche quelle dei principali musei europei.

Fu così che nacque il mito degli "ori di Tharros", che generò una vera e propria corsa all'oro nella necropoli meridionale.

Dici anni dopo il canonico Giovanni Spano scriveva: "Questi scavi fatti da un personaggio distinto accesero quasi di rabbia gli animi degli abitanti dei circonvicini villaggi di cui erano gli scavatori, e quasi mal soffrendo che i loro tesori andassero fuori della isola in mani straniere, si unirono nel successivo aprile 1851 molte compagnie per eseguirvi altri scavi.

Pare incredibile il modo con cui quasi presi a furore, per la smania di trovarvi l'oro, presero a penetrare in quegli inviolabili ipogei, smovendo terra, e pietre in confuso, mettendo tutto sotto sopra, rompendo la roccia internamente per passare da una tomba all'altra, in cui perì uno schiacciato.

Erano più di 500 uomini divisi in società che per più di tre settimane erano ivi giorno e notte a gara occupati nello stesso oggetto, fino a che non andò un ordine del Governo per inibirli, cui tosto ubbidirono e lasciarono di commettere tanto vandalismo in quelle sacre tombe che solo da mani esperte dovrebbero essere visitate.

Intanto il disordine e l'ingordigia di aprire tombe per non trovar altro che oro, fece che lasciarono molte tombe senza frugar bene, ed altri in seguito, avendo crivellato la terra delle stesse tombe, vi trovarono moltissimi scarabei ed altri minuti oggetti d'oro".

Il grande archeologo proseguiva nel descrivere la sorte di questa smisurata serie di reperti nei mesi immediatamente successivi al vandalico scavo di Tharros: "Furono più di cento le sepolture che violarono, dividendosi la preda fra gl'inventori che poi vendevano ai Signori d' Oristano e dei circonvicini villaggi, e porzione ne portarono in Cagliari che fu acquistata dal Sig. Cara [Direttore del Museo cagliaritano] e da me.

Può dirsi che ogni casa di villano fosse un Museo di antichità per gli oggetti che avevano schierati nei loro umili abituri, urne, vasi di vetro, figure, lucerne, piatti, idoletti, collane, amuleti, armi, utensili di ogni genere cui non basterebbe un volume per descriverli".